Vi presento la storia di Giada (chiamerò così la mia paziente per tutelarne l’anonimato), una giovane donna che con coraggio e determinazione ha affrontato il terribile mondo dei disturbi alimentari chiedendomi aiuto.

Lei mi ha affidato la sua storia autorizzandomi a pubblicarla, io la ringrazio per avermi fatto il dono di accompagnarla nel suo viaggio alla scoperta dell’amore per se stessa.

Sono sicura che le sue parole potranno essere d’aiuto per chi, perso nei labirinti della sofferenza, pensa che non ci siano rimedi al proprio grido dell’anima.

buona lettura, Chiara

 

“Parlare di sé è difficile e lo è ancora di più se ad essere raccontati sono il dolore,la sofferenza,la paura,la vergogna,la rabbia perché è un po’ come mettersi a nudo di fronte a se stessi e agli altri.
Proverò a raccontare la mia storia,quella di una ragazza che, come tante altre donne e uomini, ha vissuto o vive il dramma dei disturbi alimentari e che ora ne sta uscendo perché un giorno ha trovato il coraggio di dire basta e di cercare aiuto.
Tutto è iniziato in un periodo sereno della mia vita,ero una studentessa universitaria e stavo vivendo una bella storia d’amore.
Decisi di perdere qualche chilo,non so perché e, senza rendermene conto, quella scelta apparentemente banale stravolse del tutto il mio rapporto con il cibo.
Ridussi gradualmente le quantità di ciò che mangiavo e,se inizialmente questo risultò difficile, dopo diventò del tutto naturale perché il mio corpo e anche la mia mente si stavano abituando a quella situazione.
Le poche calorie che assumevo e che andavo a bruciare in palestra mi portarono a perdere un chilo alla settimana e dimagrii al punto da avere un aspetto fisico decisamente scheletrico.
Quella che vedevo allo specchio era l’immagine corporea che volevo e che gli occhi di allora reputavano perfetta;quelli di oggi al contrario si rendono conto di quanto in realtà non lo fosse affatto.
Le foto di quel periodo parlavano di un disagio, di una sofferenza, non c’era gioia in quel volto anche se mi sentivo soddisfatta del fisico che avevo.
Tempo fa su internet ho trovato una descrizione dell’anoressia fatta da una ragazza che ha vissuto questo dramma e che io condivido perfettamente: “anoressia é paradiso e inferno “.
Il paradiso ha contraddistinto la prima fase del mio disturbo quando ero felice di dimagrire, di guardare quel corpo le cui ossa si facevano sempre più evidenti e di indossare vestiti di taglie via via sempre più piccole.
Ciò che mi spingeva a continuare quella specie di gioco era il piacere che provavo nel riuscire ad avere il controllo sul cibo, mi faceva sentire forte, ero in qualche modo orgogliosa di me e del risultato raggiunto.
Si trattava di un’illusione perché non ero io ad avere potere sul cibo ma il contrario, era quest’ultimo a dominare me e a gestire la mia vita.
Il cibo da fonte di vita e di piacere diventò un nemico da combattere ogni giorno tanto da portarmi a pensare costantemente a quello che potevo o mi imponevo di mangiare.
Tutto questo è avvenuto in silenzio ed in solitudine in quanto quello che si rinnovava ogni giorno era un dramma che non si poteva raccontare per il timore di essere giudicata, per vergogna e soprattutto perché avevo la certezza di non essere compresa.
Il mio corpo improvvisamente tornò ad avere fame ma non c’era alcun controllo in questo bisogno:se prima mangiavo lentamente e a fatica per il disgusto che provavo dopo divoravo grandi quantità di cibo.

Le crisi bulimiche erano motivo di forte sofferenza e rabbia perché ero costretta ad abbuffarmi con la conseguenza che recuperai tutti i chili persi e ne presi altri.
Da allora le due facce dello stesso problema si alternarono portandomi a dimagrire ed ingrassare in un’altalena senza fine.
Se penso al passato mi rendo conto di come io abbia trascorso anni della mia vita vincolata ad un gioco mentale capace sì in alcuni momenti di darmi gioia ma soprattutto tristezza e rabbia perché non avevo la possibilità di essere libera di pensare ed agire.
Per più di dieci anni ho affrontato questo problema con la consapevolezza di dover intraprendere un percorso di psicoterapia per poterlo superare ma non è stato facile pensare di liberarmene perché in qualche modo ne avevo bisogno,io mi ero identificata con il mio disturbo.
Chiedere aiuto a Chiara è stato un atto di coraggio, di cura e di amore verso me stessa perché avere un disturbo alimentare non vuol dire altro che non volersi bene.
A distanza di circa tre anni dall’inizio della terapia sto cercando lentamente di costruire un mio rapporto con il cibo perché prima non c’era:esso era solo un mezzo per farmi del male e per controllare le mie emozioni.
Ora mi stupisco nel percepire la fame ed il bisogno di nutrirmi senza temere il cibo,provo a godermi ciò che mangio;insomma sto vivendo dei cambiamenti che non avrei mai immaginato di avere.
Non è stato facile parlare di quello che mi è successo ma se l’ho fatto è per far capire a chi vive purtroppo questo dramma che il cambiamento,anche se richiede fatica,è possibile,che se ne può uscire soltanto affidandosi a chi può accogliere e comprendere il proprio dolore.
Ringrazio Chiara per l’aiuto che mi ha dato e continua a darmi perché mi ha aiutato a capire,attraverso la terapia,quanto sia importante e bello prendersi cura di se stessi. “

 

About The Author

Chiara Mastrantonio

Psicologa ad indirizzo clinico, dinamico e della salute iscritta all’Albo A degli Psicologi d’Abruzzo n.1592. Psicoterapeuta specializzata presso la scuola quadriennale in Psicologia Clinica di Comunità e Psicoterapia Umanistica Integrata “ASPIC” . Lavoro come libera professionista a L’Aquila presso il mio studio in Via Dei Medici, 4 – località Vetoio.